Antico e Aristocratico Sodalizio Religioso - Diocesi di Andria
L'Arciconfraternita Servi di Maria SS. Addolorata,fondata per Reale Decreto il 15 maggio1832 ed elevata al rango di Arciconfraternita il 14 maggio 1855,ospita nel sontuoso Oratorio appositamente costruito nel 1887 dal confratello Conte Onofrio Spagnoletti-Zeuli dedicato all'Augusta Titolare,la statua della Vergine dei Dolori dono della nobile famiglia Jannuzzi,realizzata nel 1840 in legno policromo intagliato da valenti scultori napoletani rappresentata nel suo composto dolore dalle lacrime sul volto, dal fazzoletto nella mano destra e dallo stocco che trafigge il suo cuore.
Testo a cura dell'Arciconfraternita M.SS.Addolorata
Testo a cura dell'Arciconfraternita M.SS.Addolorata
lunedì 6 aprile 2015
sabato 28 marzo 2015
Domenica delle Palme e della Passione del Signore
Egli, che era senza peccato,
accettò la passione per noi peccatori
e, consegnandosi a un’ingiusta condanna,
portò il peso dei nostri peccati.
Con la sua morte lavò le nostre colpe
e con la sua risurrezione
ci acquistò la salvezza.
Prefazio La passione redentrice del Signore
martedì 17 marzo 2015
domenica 15 marzo 2015
Il Papa indice l'Anno Santo della Misericordia
Ecco le parole con cui Francesco ha annunciato l'Anno Santo: «Cari
fratelli e sorelle, ho pensato spesso a come la Chiesa possa rendere più
evidente la sua missione di essere testimone della misericordia. È un cammino
che inizia con una conversione spirituale. Per questo ho deciso di indire un
Giubileo straordinario che abbia al suo centro la misericordia di Dio. Sarà un
Anno Santo della Misericordia. Lo vogliamo vivere alla luce della parola del
Signore: “Siate misericordiosi come il Padre”. Questo Anno Santo inizierà nella
prossima solennità dell’Immacolata concezione e si concluderà il 20 novembre
del 2016, domenica di Nostro Signore Gesù Cristo Re dell’universo e volto vivo
della misericordia del Padre».
«Affido l’organizzazione di questo Giubileo - ha aggiunto il
Papa - al Pontificio Consiglio per la promozione della Nuova Evangelizzazione,
perché possa animarlo come una nuova tappa del cammino della Chiesa nella sua
missione di portare a ogni persona il Vangelo della misericordia. Sono convinto
che tutta la Chiesa potrà trovare in questo Giubileo la gioia per riscoprire e
rendere feconda la misericordia di Dio, con la quale tutti siamo chiamati a
dare consolazione a ogni uomo e ogni donna del nostro tempo».
mercoledì 11 febbraio 2015
Il tempo di Quaresima: Abbandonare l'uomo vecchio
Per il prossimo tempo di Quaresima, gli Uffici pastorali della Segreteria Generale della CEI offriranno il nuovo Sussidio liturgico-pastorale dal titolo «Rinfrancate i vostri cuori» (Gc 5,8), tratto dal Messaggio per la Quaresima di Papa Francesco.
Il tempo di Quaresima è senz'altro da riscoprire in una prospettiva nuova. Da una parte ci viene chiesto di "uscire", di non limitarsi ad una prospettiva intimistica; e dall'altra parte, ci è chiesto di "abitare" in uno stile di penitenza, di conversione, di riscoperta della comunione con in più poveri, gli ultimi.Le domeniche dell'anno B presentano un cammino antropologico di rinnovamento e riscatto, che va di pari passo con un percorso cristologico: è Gesù il modello di una umanità rinnovata, e il punto di svolta che le permette di sorgere e di realizzarsi.
Fonte :ULN
sabato 31 gennaio 2015
Giornata della Vita Consacrata 2015
Portate l’abbraccio di Dio
L’Anno della vita consacrata, che papa Francesco ha indetto a cinquant’anni dal decreto conciliare Perfectae caritatis, acquista una singolare risonanza nella prossima Giornata mondiale della vita consacrata, che celebriamo il 2 febbraio.
Ogni anno in tale contesto contempliamo il mistero della Presentazione di Gesù al tempio. E proprio dal racconto dell’evangelista Luca vogliamo prendere la prima parola su cui fermarci insieme: “I miei occhi hanno visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli” (Lc 2,30-31). Non è forse questo che la nostra gente chiede alle persone consacrate? Occhi che sappiano scrutare la storia guardando oltre le apparenze spesso contraddittorie della vita, che lascino trasparire vicinanza e possibilità nuove, che illuminino di tenerezza e di pace. È questo che contraddistingue chi mette la propria vita nelle mani di Dio: uno sguardo aperto, libero, confortante, che non esclude nessuno, abbraccia e unisce. “Davanti a tutti i popoli” è l’orizzonte dell’amore e dell’offerta di sé che è chiesto ai consacrati e che essi testimoniano.
È vero quello che scrive papa Francesco nella sua Lettera a tutti i consacrati: “Dove ci sono i religiosi c’è gioia”. Ciò accade perché essi riconoscono su loro stessi, e in tutti i luoghi e i momenti della vita, l’opera di un Dio che ci salva con gioia. La stanchezza e la delusione sono esperienze frequenti in ciascuno di noi: benedetti coloro che ci aiutano a non ripiegarci su noi stessi e a non rinchiuderci in scelte comode e di corto respiro.
Rallegriamoci dunque per la presenza delle consacrate e dei consacrati nelle nostre comunità. Facciamo festa con loro, ringraziando per una storia ricca di fede e di umanità esemplari e per la passione che mostrano oggi nel seguire Cristo povero, casto, obbediente.
I Vescovi italiani ripongono grande fiducia in voi, sorelle e fratelli carissimi, soprattutto per il contributo che potete offrire a rinnovare lo slancio e la freschezza della nostra vita cristiana, così da elaborare insieme forme nuove di vivere il Vangelo e risposte adeguate alle sfide attuali.
“Mi attendo che svegliate il mondo”, dice ancora papa Francesco nella sua Lettera. “Mi attendo non che teniate vive delle ‘utopie’, ma che sappiate creare ‘altri luoghi’, dove si viva la logica evangelica del dono, della fraternità, dell’accoglienza della diversità, dell’amore reciproco. Monasteri, comunità, centri di spiritualità, cittadelle, scuole, ospedali, case-famiglia e tutti quei luoghi che la carità e la creatività carismatica hanno fatto nascere, e che ancora faranno nascere con ulteriore creatività, devono diventare sempre più il lievito per una società ispirata al Vangelo, la ‘città sul monte’ che dice la verità e la potenza delle parole di Gesù” (Lettera a tutti i consacrati, II,2). È una grazia che chiediamo per tutti in questo Anno della vita consacrata.
Desideriamo intensamente che in questa occasione risalti con chiarezza il valore che la vita consacrata riveste per la Chiesa e anche per il mondo. La scelta della castità consacrata, che si sostiene e alimenta solo in Dio, non è una fuga dalle responsabilità della vita familiare, ma testimonia la via di una diversa fedeltà e fecondità, con cui le persone consacrate si legano all’amore assoluto di Dio per ogni uomo affinché nessuno vada perduto. Allo stesso modo, i consigli evangelici della povertà e dell’obbedienza testimoniano, in un mondo tentato dall’individualismo egoista, che si può vivere conformati in tutto a Cristo, così da ordinare all’intimità con Lui il proprio rapporto con se stessi, con gli altri e con le cose. Da questa radice sboccia l’esperienza gioiosa della fraternità, sogno di Dio per l’umanità intera. Anche questa è profezia: grazie allo Spirito di Gesù, possiamo vivere gli uni per gli altri, nella ricerca del bene comune e nell’accoglienza delle differenze. Rovesciando così numerosi criteri e parametri che sembrano insuperabili nel loro dividere l’umanità in fortunati e sfortunati, degni di vivere e condannati a soccombere, integrati ed esclusi, la vita consacrata mostra come la verità del potere sia il servizio, la verità del possesso sia la custodia e il dono, la verità del piacere sia la gratuità dell’amore. E la verità della morte sia la Risurrezione.
Per una felice coincidenza, in questo anno giunge a compimento anche il cammino che vede la Chiesa che è in Italia avviata verso il 5° Convegno ecclesiale nazionale, che si celebrerà a Firenze dal 9 al 13 novembre 2015 sul tema “In Gesù Cristo il nuovo umanesimo”. Per vocazione e missione i consacrati sono chiamati a frequentare le “periferie” e le “frontiere” dell’esistenza, dove si consumano i drammi di un’umanità smarrita e ferita. Sono proprio le persone consacrate, spesso, il volto di una Chiesa capace di prendersi cura e ridonare dignità a esistenze sfruttate e ammutolite, a relazioni congelate e spezzate, perché la persona sia rimessa al posto d’onore riservatole da Cristo. L’opera di tante persone consacrate diventi sempre più il segno dell’abbraccio di Dio all’uomo e aiuti la nostra Chiesa a disegnare il “nuovo umanesimo” cristiano sulla concretezza e la lungimiranza dell’amore.
L’Anno della vita consacrata – è bene sottolinearlo – non riguarda soltanto le persone consacrate ma l’intera comunità cristiana, e il nostro desiderio è che costituisca una propizia occasione di rinnovamento e di verifica per i singoli Istituti così come per le diverse realtà ecclesiali. Il segno che avremo saputo cogliere la grazia in esso contenuta sarà la crescita della comunione e della corresponsabilità nella missione fino agli estremi confini dell’esistenza e della terra.
Con questo auspicio rinnoviamo la profonda stima e gratitudine a tutte le persone consacrate, sentinelle vigili che tengono accesa la memoria di Cristo nelle notti fredde e oscure del tempo, splendida ricchezza di maternità e di paternità spirituali, che rendono visibile e desiderabile la bellezza di appartenere totalmente a Cristo e alla sua Chiesa.
Roma, 26 gennaio 2015
Memoria dei Santi Timoteo e Tito
CONSIGLIO EPISCOPALE PERMANENTE
L’Anno della vita consacrata, che papa Francesco ha indetto a cinquant’anni dal decreto conciliare Perfectae caritatis, acquista una singolare risonanza nella prossima Giornata mondiale della vita consacrata, che celebriamo il 2 febbraio.
Ogni anno in tale contesto contempliamo il mistero della Presentazione di Gesù al tempio. E proprio dal racconto dell’evangelista Luca vogliamo prendere la prima parola su cui fermarci insieme: “I miei occhi hanno visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli” (Lc 2,30-31). Non è forse questo che la nostra gente chiede alle persone consacrate? Occhi che sappiano scrutare la storia guardando oltre le apparenze spesso contraddittorie della vita, che lascino trasparire vicinanza e possibilità nuove, che illuminino di tenerezza e di pace. È questo che contraddistingue chi mette la propria vita nelle mani di Dio: uno sguardo aperto, libero, confortante, che non esclude nessuno, abbraccia e unisce. “Davanti a tutti i popoli” è l’orizzonte dell’amore e dell’offerta di sé che è chiesto ai consacrati e che essi testimoniano.
È vero quello che scrive papa Francesco nella sua Lettera a tutti i consacrati: “Dove ci sono i religiosi c’è gioia”. Ciò accade perché essi riconoscono su loro stessi, e in tutti i luoghi e i momenti della vita, l’opera di un Dio che ci salva con gioia. La stanchezza e la delusione sono esperienze frequenti in ciascuno di noi: benedetti coloro che ci aiutano a non ripiegarci su noi stessi e a non rinchiuderci in scelte comode e di corto respiro.
Rallegriamoci dunque per la presenza delle consacrate e dei consacrati nelle nostre comunità. Facciamo festa con loro, ringraziando per una storia ricca di fede e di umanità esemplari e per la passione che mostrano oggi nel seguire Cristo povero, casto, obbediente.
I Vescovi italiani ripongono grande fiducia in voi, sorelle e fratelli carissimi, soprattutto per il contributo che potete offrire a rinnovare lo slancio e la freschezza della nostra vita cristiana, così da elaborare insieme forme nuove di vivere il Vangelo e risposte adeguate alle sfide attuali.
“Mi attendo che svegliate il mondo”, dice ancora papa Francesco nella sua Lettera. “Mi attendo non che teniate vive delle ‘utopie’, ma che sappiate creare ‘altri luoghi’, dove si viva la logica evangelica del dono, della fraternità, dell’accoglienza della diversità, dell’amore reciproco. Monasteri, comunità, centri di spiritualità, cittadelle, scuole, ospedali, case-famiglia e tutti quei luoghi che la carità e la creatività carismatica hanno fatto nascere, e che ancora faranno nascere con ulteriore creatività, devono diventare sempre più il lievito per una società ispirata al Vangelo, la ‘città sul monte’ che dice la verità e la potenza delle parole di Gesù” (Lettera a tutti i consacrati, II,2). È una grazia che chiediamo per tutti in questo Anno della vita consacrata.
Desideriamo intensamente che in questa occasione risalti con chiarezza il valore che la vita consacrata riveste per la Chiesa e anche per il mondo. La scelta della castità consacrata, che si sostiene e alimenta solo in Dio, non è una fuga dalle responsabilità della vita familiare, ma testimonia la via di una diversa fedeltà e fecondità, con cui le persone consacrate si legano all’amore assoluto di Dio per ogni uomo affinché nessuno vada perduto. Allo stesso modo, i consigli evangelici della povertà e dell’obbedienza testimoniano, in un mondo tentato dall’individualismo egoista, che si può vivere conformati in tutto a Cristo, così da ordinare all’intimità con Lui il proprio rapporto con se stessi, con gli altri e con le cose. Da questa radice sboccia l’esperienza gioiosa della fraternità, sogno di Dio per l’umanità intera. Anche questa è profezia: grazie allo Spirito di Gesù, possiamo vivere gli uni per gli altri, nella ricerca del bene comune e nell’accoglienza delle differenze. Rovesciando così numerosi criteri e parametri che sembrano insuperabili nel loro dividere l’umanità in fortunati e sfortunati, degni di vivere e condannati a soccombere, integrati ed esclusi, la vita consacrata mostra come la verità del potere sia il servizio, la verità del possesso sia la custodia e il dono, la verità del piacere sia la gratuità dell’amore. E la verità della morte sia la Risurrezione.
Per una felice coincidenza, in questo anno giunge a compimento anche il cammino che vede la Chiesa che è in Italia avviata verso il 5° Convegno ecclesiale nazionale, che si celebrerà a Firenze dal 9 al 13 novembre 2015 sul tema “In Gesù Cristo il nuovo umanesimo”. Per vocazione e missione i consacrati sono chiamati a frequentare le “periferie” e le “frontiere” dell’esistenza, dove si consumano i drammi di un’umanità smarrita e ferita. Sono proprio le persone consacrate, spesso, il volto di una Chiesa capace di prendersi cura e ridonare dignità a esistenze sfruttate e ammutolite, a relazioni congelate e spezzate, perché la persona sia rimessa al posto d’onore riservatole da Cristo. L’opera di tante persone consacrate diventi sempre più il segno dell’abbraccio di Dio all’uomo e aiuti la nostra Chiesa a disegnare il “nuovo umanesimo” cristiano sulla concretezza e la lungimiranza dell’amore.
L’Anno della vita consacrata – è bene sottolinearlo – non riguarda soltanto le persone consacrate ma l’intera comunità cristiana, e il nostro desiderio è che costituisca una propizia occasione di rinnovamento e di verifica per i singoli Istituti così come per le diverse realtà ecclesiali. Il segno che avremo saputo cogliere la grazia in esso contenuta sarà la crescita della comunione e della corresponsabilità nella missione fino agli estremi confini dell’esistenza e della terra.
Con questo auspicio rinnoviamo la profonda stima e gratitudine a tutte le persone consacrate, sentinelle vigili che tengono accesa la memoria di Cristo nelle notti fredde e oscure del tempo, splendida ricchezza di maternità e di paternità spirituali, che rendono visibile e desiderabile la bellezza di appartenere totalmente a Cristo e alla sua Chiesa.
Roma, 26 gennaio 2015
Memoria dei Santi Timoteo e Tito
CONSIGLIO EPISCOPALE PERMANENTE
domenica 11 gennaio 2015
V° Convegno Ecclesiale Nazionale
VERSO FIRENZE 2015
Le cinque vie per il nuovo umanesimo
Diffusa la Traccia per il 5° Convegno ecclesiale nazionale
sul tema “In Gesù Cristo il nuovo umanesimo”. Sull’esempio di Papa Francesco e
sull’onda della “Evangelii Gaudium”, bisogna “uscire, annunciare, abitare,
educare, trasfigurare”. Monsignor Cesare Nosiglia sottolinea “la voglia di
camminare insieme, di assaporare il gusto dell’essere Chiesa, qui e oggi, in
Italia”
In tempi di “nubi minacciose”, quelle di una crisi che “ha
appesantito la dinamica sociale e culturale del Paese”, la Chiesa italiana si prepara
al Convegno di Firenze (9-13 novembre 2015) con una Traccia improntata all’”urgenza
di mettersi attivamente e insieme in movimento”.
Declinare cinque verbi – uscire, annunciare, abitare,
educare, trasfigurare - per ritrovare il “gusto per l’umano”. Comprendere i
segni dei tempi “per illuminare il buio dello smarrimento antropologico
contemporaneo con una luce”, che è il “di più” dello sguardo cristiano, in un
mondo in cui “tutto sembra liquefarsi in un brodo di equivalenze”. In tempi di “nubi
minacciose”, quelle di una crisi che “ha appesantito la dinamica sociale e
culturale del Paese”, la Chiesa italiana si prepara al Convegno di Firenze
(9-13 novembre 2015) con una Traccia (testo integrale clicca qui) improntata
all’”urgenza di mettersi attivamente e insieme in movimento”, indicando però
all’uomo di oggi una “direzione da intraprendere”, in un’epoca segnata dalla “carenza
di bussole”. Lo stile ecclesiale è
quello proposto e testimoniato da Papa Francesco con la sua “Chiesa in uscita”:
quella che al Convegno di Verona, nel 2006, i vescovi hanno definito “Chiesa
missionaria”, chiamata a spendersi per la persona nei diversi ambiti di vita.
Sono le “periferie esistenziali” - la “priorità” della comunità cristiana. Perché gli ambienti della vita quotidiana
- la famiglia, l’educazione, la scuola,
il creato, la città, il lavoro, i poveri e gli emarginati, l’universo digitale
e la rete - sono diventati, in questi dieci anni, “frontiere”: non da difendere creando “muri”, ma da far
diventare “soglie”, luoghi di incontro e di dialogo “senza i quali rischiano di
trasformarsi in periferie da cui si fugge: abbandonate o dimenticate”. La Traccia sarà accompagnata sul sito web da “materiali
di approfondimento” a cui chiunque potrà dare il proprio contributo, anche
attraverso i social media (Facebook: www.facebook.com/firenze2015; Twitter:
www.twitter.com/firenze2015, @Firenze_2015).
Il “gusto per l’umano”. Ci vuole un “gusto per l’umano”, per
“leggere i segni dei tempi e parlare il linguaggio dell’amore”. Ne è convinto
monsignor Cesare Nosiglia, presidente del Comitato preparatorio, che firma la
presentazione della Traccia, “un testo aperto” che parte dalla constatazione
che nelle nostre comunità esiste “un bisogno di discernimento comunitario di
fronte alle sfide del mondo contemporaneo”, ma anche ”la voglia di camminare
insieme, di assaporare il gusto dell’essere Chiesa, qui e oggi, in Italia”. L’opzione
di fondo: “Partire dalle testimonianze che sono esperienza vissuta della fede
cristiana e che si sono tradotte in spazi di ‘vita buona del Vangelo’ per la
società intera”.
Quel “di più” che “fa la differenza”. “A fronte di un Paese descritto dai media e
dalle statistiche come sfilacciato e stanco”, nelle nostre chiese locali emerge
“un’immagine alquanto diversa”: si vive “in prima linea”, e si affrontano le
sfide con quel “di più” che “segna la differenza rispetto ai pur preziosi
sforzi di altri soggetti impegnati a migliorare la qualità del vivere sociale”.
Ascoltare e parlare con la vita. “Un umanesimo in ascolto,
un umanesimo concreto, un umanesimo plurale e integrale, un umanesimo d’interiorità
e trascendenza”: sono le quattro figure dell’umano al centro della Traccia. “Partire
dall’ascolto del vissuto, per cogliere la bellezza della vita in atto”, il
primo imperativo: “ascoltare l’umano significa vedere la bellezza di ciò che c’è,
nella speranza di ciò che può ancora venire”. Concretezza significa “parlare
con la vita”, per “combattere l’indifferenza con l’attenzione all’altro”. Con
tanti “miracoli silenziosi”, “si arriva ben al di là di quel che si pensava”.
Umanesimo è un termine che “si declina al plurale”: ci vuole “uno sguardo d’insieme,
l’uno stretto accanto all’altro, quasi tessere di un mosaico”, per cogliere la
bellezza di “una famiglia umana segnata non dall’omologazione ma dalla
convivialità delle differenze”, e caratterizzata da “legami di figliolanza e
fratellanza” da accompagnare con la “prossimità”, soprattutto davanti alle
fragilità vecchie e nuove, alle “fabbriche di povertà”. Nessun dualismo tra
verità e pratica, niente “professionisti dello spirito”.
Un uomo senza senso? “Nessun criterio condiviso, per
orientare le scelte pubbliche e private, tutto si riduce all’arbitrio delle
contingenze”: esistono solo “schegge di tempo e di vita, spezzoni di relazioni”,
e il rischio di “un uomo senza senso” è in agguato. In un contesto di crisi che
ha “allentato i legami” e “indebolito i nessi” del volto umano, si rimane “centrati su se stessi” e
impegnati in un “corpo a corpo” con l’altro. Il “male” del nostro tempo è l’autoreferenzialità,
che “rende asfittica la nostra vita”. Eppure, nonostante tutto, l’uomo di oggi
ha “un enorme bisogno di relazione”, che emerge dalla rete ma anche dalla “solidarietà
intergenerazionale all’interno delle famiglie”, dagli stili di vita più sobri,
dall’impegno a tutela della legalità, dal mondo della scuola e del
volontariato, dalla straordinaria capacità di accoglienza degli immigrati:
tutti segnali “poco notiziabili, ma concreti”: “Occorre prima di tutto imparare
ad ascoltare la vita delle persone, per sorgere i segni di un’umanità nuova che
fiorisce”. Il “metodo” di Gesù è la
testimonianza, e le due “direttrici principali di un nuovo umanesimo” sono la
cura e la preghiera.
Le frontiere e le periferie. Oggi i luoghi sono diventati “sempre
più frontiere: linee di incontro-scontro tra culture, e anche tra visioni del
mondo diverse di una stessa cultura”. La famiglia, ad esempio, “è attaccata da
tanti fronti”, con bambini che “vivono tra diverse case, costretti a fare i
conti con complesse geografie relazionali”.
Al centro della Traccia, le cinque vie proposte da Papa Francesco nella “Evangelii
Gaudium”. Uscire, per non correre il rischio dell’”inerzia strutturale” e “liberare
le nostre strutture dal peso di un futuro che abbiamo già scritto”. Annunciare,
perché “la gente ha bisogno di parole e di gesti” e di persone che sappiano “prendere
la parola in una cultura mediatica e digitale”. Abitare, per “continuare ad
essere una Chiesa di popolo” ripensando
i propri “modelli” a partire dalla consapevolezza che “una Chiesa povera per i
poveri” non è un “optional”. Educare,
per ricostruire le “grammatiche educative” e immaginare “nuove sintassi”.
Trasfigurare, cioè assicurare la “qualità della vita cristiana”.
M. Michela Nicolais
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