Stemma Confratermale

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Sito Istituzionale

Antico e Aristocratico Sodalizio Religioso - Diocesi di Andria

L'Arciconfraternita Servi di Maria SS. Addolorata,fondata per Reale Decreto il 15 maggio1832 ed elevata al rango di Arciconfraternita il 14 maggio 1855,ospita nel sontuoso Oratorio appositamente costruito nel 1887 dal confratello Conte Onofrio Spagnoletti-Zeuli dedicato all'Augusta Titolare,la statua della Vergine dei Dolori dono della nobile famiglia Jannuzzi,realizzata nel 1840 in legno policromo intagliato da valenti scultori napoletani rappresentata nel suo composto dolore dalle lacrime sul volto, dal fazzoletto nella mano destra e dallo stocco che trafigge il suo cuore.


Testo a cura dell'Arciconfraternita M.SS.Addolorata



sabato 31 gennaio 2015

Giornata della Vita Consacrata 2015

Portate l’abbraccio di Dio 
L’Anno della vita consacrata, che papa Francesco ha indetto a cinquant’anni dal decreto conciliare Perfectae caritatis, acquista una singolare risonanza nella prossima Giornata mondiale della vita consacrata, che celebriamo il 2 febbraio.
Ogni anno in tale contesto contempliamo il mistero della Presentazione di Gesù al tempio. E proprio dal racconto dell’evangelista Luca vogliamo prendere la prima parola su cui fermarci insieme: “I miei occhi hanno visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli” (Lc 2,30-31). Non è forse questo che la nostra gente chiede alle persone consacrate? Occhi che sappiano scrutare la storia guardando oltre le apparenze spesso contraddittorie della vita, che lascino trasparire vicinanza e possibilità nuove, che illuminino di tenerezza e di pace. È questo che contraddistingue chi mette la propria vita nelle mani di Dio: uno sguardo aperto, libero, confortante, che non esclude nessuno, abbraccia e unisce. “Davanti a tutti i popoli” è l’orizzonte dell’amore e dell’offerta di sé che è chiesto ai consacrati e che essi testimoniano.
 È vero quello che scrive papa Francesco nella sua Lettera a tutti i consacrati: “Dove ci sono i religiosi c’è gioia”. Ciò accade perché essi riconoscono su loro stessi, e in tutti i luoghi e i momenti della vita, l’opera di un Dio che ci salva con gioia. La stanchezza e la delusione sono esperienze frequenti in ciascuno di noi: benedetti coloro che ci aiutano a non ripiegarci su noi stessi e a non rinchiuderci in scelte comode e di corto respiro.
Rallegriamoci dunque per la presenza delle consacrate e dei consacrati nelle nostre comunità. Facciamo festa con loro, ringraziando per una storia ricca di fede e di umanità esemplari e per la passione che mostrano oggi nel seguire Cristo povero, casto, obbediente.
I Vescovi italiani ripongono grande fiducia in voi, sorelle e fratelli carissimi, soprattutto per il contributo che potete offrire a rinnovare lo slancio e la freschezza della nostra vita cristiana, così da elaborare insieme forme nuove di vivere il Vangelo e risposte adeguate alle sfide attuali.
 “Mi attendo che svegliate il mondo”, dice ancora papa Francesco nella sua Lettera. “Mi attendo non che teniate vive delle ‘utopie’, ma che sappiate creare ‘altri luoghi’, dove si viva la logica evangelica del dono, della fraternità, dell’accoglienza della diversità, dell’amore reciproco. Monasteri, comunità, centri di spiritualità, cittadelle, scuole, ospedali, case-famiglia e tutti quei luoghi che la carità e la creatività carismatica hanno fatto nascere, e che ancora faranno nascere con ulteriore creatività, devono diventare sempre più il lievito per una società ispirata al Vangelo, la ‘città sul monte’ che dice la verità e la potenza delle parole di Gesù” (Lettera a tutti i consacrati, II,2). È una grazia che chiediamo per tutti in questo Anno della vita consacrata.
 Desideriamo intensamente che in questa occasione risalti con chiarezza il valore che la vita consacrata riveste per la Chiesa e anche per il mondo. La scelta della castità consacrata, che si sostiene e alimenta solo in Dio, non è una fuga dalle responsabilità della vita familiare, ma testimonia la via di una diversa fedeltà e fecondità, con cui le persone consacrate si legano all’amore assoluto di Dio per ogni uomo affinché nessuno vada perduto. Allo stesso modo, i consigli evangelici della povertà e dell’obbedienza testimoniano, in un mondo tentato dall’individualismo egoista, che si può vivere conformati in tutto a Cristo, così da ordinare all’intimità con Lui il proprio rapporto con se stessi, con gli altri e con le cose. Da questa radice sboccia l’esperienza gioiosa della fraternità, sogno di Dio per l’umanità intera. Anche questa è profezia: grazie allo Spirito di Gesù, possiamo vivere gli uni per gli altri, nella ricerca del bene comune e nell’accoglienza delle differenze. Rovesciando così numerosi criteri e parametri che sembrano insuperabili nel loro dividere l’umanità in fortunati e sfortunati, degni di vivere e condannati a soccombere, integrati ed esclusi, la vita consacrata mostra come la verità del potere sia il servizio, la verità del possesso sia la custodia e il dono, la verità del piacere sia la gratuità dell’amore. E la verità della morte sia la Risurrezione.
 Per una felice coincidenza, in questo anno giunge a compimento anche il cammino che vede la Chiesa che è in Italia avviata verso il 5° Convegno ecclesiale nazionale, che si celebrerà a Firenze dal 9 al 13 novembre 2015 sul tema “In Gesù Cristo il nuovo umanesimo”. Per vocazione e missione  i consacrati sono chiamati  a frequentare le “periferie” e le “frontiere” dell’esistenza, dove si consumano i drammi di un’umanità smarrita e ferita. Sono proprio le persone consacrate, spesso, il volto di una Chiesa capace di prendersi cura e ridonare dignità a esistenze sfruttate e ammutolite, a relazioni congelate e spezzate, perché la persona sia rimessa al posto d’onore riservatole da Cristo. L’opera di tante persone consacrate  diventi sempre più il segno dell’abbraccio di Dio all’uomo e aiuti la nostra Chiesa a disegnare il “nuovo umanesimo” cristiano sulla concretezza e la lungimiranza dell’amore.
 L’Anno della vita consacrata – è bene sottolinearlo – non riguarda soltanto le persone consacrate ma l’intera comunità cristiana, e il nostro desiderio è che costituisca una propizia occasione di rinnovamento e di verifica per i singoli Istituti così come per le diverse realtà ecclesiali. Il segno che avremo saputo cogliere la grazia in esso contenuta sarà la crescita della comunione e della corresponsabilità nella missione fino agli estremi confini dell’esistenza e della terra.
 Con questo auspicio rinnoviamo la profonda stima e gratitudine a tutte le persone  consacrate, sentinelle vigili che tengono accesa la memoria di Cristo nelle notti fredde e oscure del tempo, splendida ricchezza di maternità e di paternità spirituali, che rendono visibile e desiderabile la bellezza di appartenere totalmente a Cristo e alla sua Chiesa.

Roma, 26 gennaio 2015
Memoria dei Santi Timoteo e Tito
 
 
CONSIGLIO EPISCOPALE PERMANENTE


domenica 11 gennaio 2015

V° Convegno Ecclesiale Nazionale

VERSO FIRENZE 2015
Le cinque vie per il nuovo umanesimo
Diffusa la Traccia per il 5° Convegno ecclesiale nazionale sul tema “In Gesù Cristo il nuovo umanesimo”. Sull’esempio di Papa Francesco e sull’onda della “Evangelii Gaudium”, bisogna “uscire, annunciare, abitare, educare, trasfigurare”. Monsignor Cesare Nosiglia sottolinea “la voglia di camminare insieme, di assaporare il gusto dell’essere Chiesa, qui e oggi, in Italia”

In tempi di “nubi minacciose”, quelle di una crisi che “ha appesantito la dinamica sociale e culturale del Paese”, la Chiesa italiana si prepara al Convegno di Firenze (9-13 novembre 2015) con una Traccia improntata all’”urgenza di mettersi attivamente e insieme in movimento”.

Declinare cinque verbi – uscire, annunciare, abitare, educare, trasfigurare - per ritrovare il “gusto per l’umano”. Comprendere i segni dei tempi “per illuminare il buio dello smarrimento antropologico contemporaneo con una luce”, che è il “di più” dello sguardo cristiano, in un mondo in cui “tutto sembra liquefarsi in un brodo di equivalenze”. In tempi di “nubi minacciose”, quelle di una crisi che “ha appesantito la dinamica sociale e culturale del Paese”, la Chiesa italiana si prepara al Convegno di Firenze (9-13 novembre 2015) con una Traccia (testo integrale clicca qui) improntata all’”urgenza di mettersi attivamente e insieme in movimento”, indicando però all’uomo di oggi una “direzione da intraprendere”, in un’epoca segnata dalla “carenza di bussole”.  Lo stile ecclesiale è quello proposto e testimoniato da Papa Francesco con la sua “Chiesa in uscita”: quella che al Convegno di Verona, nel 2006, i vescovi hanno definito “Chiesa missionaria”, chiamata a spendersi per la persona nei diversi ambiti di vita. Sono le “periferie esistenziali” - la “priorità” della comunità cristiana.  Perché gli ambienti della vita quotidiana -  la famiglia, l’educazione, la scuola, il creato, la città, il lavoro, i poveri e gli emarginati, l’universo digitale e la rete - sono diventati, in questi dieci anni, “frontiere”:  non da difendere creando “muri”, ma da far diventare “soglie”, luoghi di incontro e di dialogo “senza i quali rischiano di trasformarsi in periferie da cui si fugge: abbandonate o dimenticate”.  La Traccia sarà accompagnata sul sito web da “materiali di approfondimento” a cui chiunque potrà dare il proprio contributo, anche attraverso i social media (Facebook: www.facebook.com/firenze2015; Twitter: www.twitter.com/firenze2015, @Firenze_2015).

Il “gusto per l’umano”. Ci vuole un “gusto per l’umano”, per “leggere i segni dei tempi e parlare il linguaggio dell’amore”. Ne è convinto monsignor Cesare Nosiglia, presidente del Comitato preparatorio, che firma la presentazione della Traccia, “un testo aperto” che parte dalla constatazione che nelle nostre comunità esiste “un bisogno di discernimento comunitario di fronte alle sfide del mondo contemporaneo”, ma anche ”la voglia di camminare insieme, di assaporare il gusto dell’essere Chiesa, qui e oggi, in Italia”. L’opzione di fondo: “Partire dalle testimonianze che sono esperienza vissuta della fede cristiana e che si sono tradotte in spazi di ‘vita buona del Vangelo’ per la società intera”.

Quel “di più” che “fa la differenza”.  “A fronte di un Paese descritto dai media e dalle statistiche come sfilacciato e stanco”, nelle nostre chiese locali emerge “un’immagine alquanto diversa”: si vive “in prima linea”, e si affrontano le sfide con quel “di più” che “segna la differenza rispetto ai pur preziosi sforzi di altri soggetti impegnati a migliorare la qualità del vivere sociale”.

Ascoltare e parlare con la vita. “Un umanesimo in ascolto, un umanesimo concreto, un umanesimo plurale e integrale, un umanesimo d’interiorità e trascendenza”: sono le quattro figure dell’umano al centro della Traccia. “Partire dall’ascolto del vissuto, per cogliere la bellezza della vita in atto”, il primo imperativo: “ascoltare l’umano significa vedere la bellezza di ciò che c’è, nella speranza di ciò che può ancora venire”. Concretezza significa “parlare con la vita”, per “combattere l’indifferenza con l’attenzione all’altro”. Con tanti “miracoli silenziosi”, “si arriva ben al di là di quel che si pensava”. Umanesimo è un termine che “si declina al plurale”: ci vuole “uno sguardo d’insieme, l’uno stretto accanto all’altro, quasi tessere di un mosaico”, per cogliere la bellezza di “una famiglia umana segnata non dall’omologazione ma dalla convivialità delle differenze”, e caratterizzata da “legami di figliolanza e fratellanza” da accompagnare con la “prossimità”, soprattutto davanti alle fragilità vecchie e nuove, alle “fabbriche di povertà”. Nessun dualismo tra verità e pratica, niente “professionisti dello spirito”.
Un uomo senza senso? “Nessun criterio condiviso, per orientare le scelte pubbliche e private, tutto si riduce all’arbitrio delle contingenze”: esistono solo “schegge di tempo e di vita, spezzoni di relazioni”, e il rischio di “un uomo senza senso” è in agguato. In un contesto di crisi che ha “allentato i legami” e “indebolito i nessi” del volto  umano, si rimane “centrati su se stessi” e impegnati in un “corpo a corpo” con l’altro. Il “male” del nostro tempo è l’autoreferenzialità, che “rende asfittica la nostra vita”. Eppure, nonostante tutto, l’uomo di oggi ha “un enorme bisogno di relazione”, che emerge dalla rete ma anche dalla “solidarietà intergenerazionale all’interno delle famiglie”, dagli stili di vita più sobri, dall’impegno a tutela della legalità, dal mondo della scuola e del volontariato, dalla straordinaria capacità di accoglienza degli immigrati: tutti segnali “poco notiziabili, ma concreti”: “Occorre prima di tutto imparare ad ascoltare la vita delle persone, per sorgere i segni di un’umanità nuova che fiorisce”.  Il “metodo” di Gesù è la testimonianza, e le due “direttrici principali di un nuovo umanesimo” sono la cura e la preghiera.

Le frontiere e le periferie. Oggi i luoghi sono diventati “sempre più frontiere: linee di incontro-scontro tra culture, e anche tra visioni del mondo diverse di una stessa cultura”. La famiglia, ad esempio, “è attaccata da tanti fronti”, con bambini che “vivono tra diverse case, costretti a fare i conti con complesse geografie relazionali”.  Al centro della Traccia, le cinque vie proposte da Papa Francesco nella “Evangelii Gaudium”. Uscire, per non correre il rischio dell’”inerzia strutturale” e “liberare le nostre strutture dal peso di un futuro che abbiamo già scritto”. Annunciare, perché “la gente ha bisogno di parole e di gesti” e di persone che sappiano “prendere la parola in una cultura mediatica e digitale”. Abitare, per “continuare ad essere una Chiesa  di popolo” ripensando i propri “modelli” a partire dalla consapevolezza che “una Chiesa povera per i poveri” non è un “optional”.  Educare, per ricostruire le “grammatiche educative” e immaginare “nuove sintassi”. Trasfigurare, cioè assicurare la “qualità della vita cristiana”.

M. Michela  Nicolais


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