Stemma Confratermale

Stemma Confratermale
Sito Istituzionale

Antico e Aristocratico Sodalizio Religioso - Diocesi di Andria

L'Arciconfraternita Servi di Maria SS. Addolorata,fondata per Reale Decreto il 15 maggio1832 ed elevata al rango di Arciconfraternita il 14 maggio 1855,ospita nel sontuoso Oratorio appositamente costruito nel 1887 dal confratello Conte Onofrio Spagnoletti-Zeuli dedicato all'Augusta Titolare,la statua della Vergine dei Dolori dono della nobile famiglia Jannuzzi,realizzata nel 1840 in legno policromo intagliato da valenti scultori napoletani rappresentata nel suo composto dolore dalle lacrime sul volto, dal fazzoletto nella mano destra e dallo stocco che trafigge il suo cuore.


Testo a cura dell'Arciconfraternita M.SS.Addolorata



sabato 23 aprile 2011

Pasqua di Resurrezione

Questo è il giorno fatto dal Signore, rallegriamoci ed esultiamo in esso" (Sal 118, 24). E’ il giorno della Resurrezione di Cristo dai morti, che i Padri della Chiesa hanno esaltato con straordinarie espressioni poetiche. Oggi è sorta la luce del mondo, oggi è apparso il grande Giorno, Cristo, che inaugura "il giorno che non conosce tramonto". Siamo nel cuore della fede e della vita della Chiesa. Il Risorto apre il passaggio (transitus, lo definisce Agostino, recuperando la corretta etimologia dell’ebraico "pasqua") dalla morte alla vita, "da questo mondo al Padre". (Gv 13, 1) Di questo passaggio, ancor più straordinario della pasqua storica del popolo di Israele, beneficiano tutti i battezzati: coloro che credono in Cristo, muoiono al peccato nelle acque battesimali e risorgono a vita nuova in forza dell’azione dello Spirito Santo. La creazione stessa partecipa alla nascita dell’uomo nuovo; essa stessa attende il suo destino ultimo, che non sarà quello di una distruzione totale, ma la sua trasfigurazione.

giovedì 21 aprile 2011

Venerdì Santo - Adorazione della Croce


              Ecce lignum Crucis, in quo salus mundi pependit. Omnes R. Venite, adoremus

mercoledì 20 aprile 2011

Giovedì Santo

Triduo Pasquale

La Messa Crismale o Messa del Crisma è la Celebrazione Eucaristica presieduta dal Vescovo in Cattedrale il mattino del Giovedì Santo.
In tale mattinata non viene celebrata alcun'altra Messa in nessuna Parrocchia o Chiesa.
Vi partecipano tutti i presbiteri della Diocesi, e vi sono invitati tutti i fedeli. Questa Messa vuole significare l'unità della Chiesa locale raccolta intorno al proprio Vescovo.
In tale Messa vengono consacrati gli Oli Santi: il Crisma, l'Olio dei Catecumeni e l'Olio degli Infermi.
Nella messa del crisma tutti i presbiteri rinnovano le promesse fatte nel giorno della loro Ordinazione

sabato 16 aprile 2011

DOMENICA DELLE PALME 2011

                                              MISSALE  ROMANUM VETUS  ORDO
                            LETTURE: Is 50,4-7; Sal 21; Fil 2,6-11; Mt 26,14-27,66
 

Cristo va incontro alla morte con libertà di figlio
Tutto l’impegno quaresimale di penitenza e di conversione in questa domenica viene focalizzato attorno al momento cruciale del mistero di Cristo e della vita cristiana: la croce come obbedienza al Padre e solidarietà con gli uomini, la sofferenza del Servo del Signore (cf prima lettura) inseparabilmente congiunta alla gloria (seconda lettura). La strada che Gesù intraprende per salvare (= per regnare) si pone in contrasto con ogni più ragionevole attesa perché egli sceglie non la forza e la ricchezza, ma la debolezza e la povertà. Il compendio della celebrazione odierna è offerto già nella monizione che introduce la processione delle Palme: «Questa assemblea liturgica è preludio alla Pasqua del Signore... Gesù entra in Gerusalemme per dare compimento al mistero della sua morte e risurrezione... Chiediamo la grazia di seguirlo fino alla croce per essere partecipi della sua risurrezione».

Il  mistero della croce
Vertice della liturgia della Parola è la lettura della Passione: è a questo centro che occorre volgere l’attenzione, più che alla processione delle palme. I ramoscelli d’olivo non sono un talismano contro possibili disgrazie; al contrario, sono il segno di un popolo che acclama al suo Re e lo riconosce come Signore che salva e che libera. Ma la sua regalità si manifesterà in modo sconcertante sulla croce. Proprio in questo misterioso scandalo di umiliazione, di sofferenza, di abbandono totale si compie il disegno salvifico di Dio. Nell’impatto con la croce la fede vacilla: il peso di una forca schiaccia il Giusto per eccellenza e sembra dar ragione alla potenza dell’ingiustizia, della violenza e della malvagità. Sale inquietante la domanda del
«perché» di questo cumulo insopportabile di sofferenza e di dolore che investe Gesù, il Crocifisso, e con lui tutti i crocifissi della storia. Sulla croce muoiono tutte le false immagini di Dio che la mente umana ha partorito e che noi, forse, continuiamo inconsciamente ad alimentare. Dov’è l’onnipotenza di Dio, la sua perfezione, la sua giustizia? Perché Dio non interviene in certe situazioni intollerabili?


« Portò il peso dei nostri peccati »  

Solo la fede è capace di leggere l’onnipotenza di Dio nell’impotenza di una croce. E’ l’impotenza dell’Amore. Gesù ha talmente amato il Padre («
obbediente fino alla morte e alla morte di croce»: seconda lettura) da accogliere liberamente il suo progetto «per noi uomini e per la nostra salvezza». Gesù non muore perché lo uccidono, ma perché egli stesso «si consegna» (cf Gal 2,20) con libertà sovrana, per amore. Questo amore supremo che egli dona perdendo se stesso e diventando solidale con tutte le umiliazioni, i dolori, i rifiuti patiti dall’uomo, dà la misura dell’annientamento (cf seconda lettura) di Gesù e manifesta il
rovesciamento delle situazioni umane: la vera grandezza dell’uomo non sta nel potere, nella ricchezza, nella considerazione sociale, ma nell’amore che condivide, che è solidale, che è vicino ai fratelli, che si fa servizio. Dio vince il dolore e la morte non togliendoli dal cammino dell’uomo, ma assumendoli in sé. Il Dio giusto si sottrae ai nostri schemi di giustizia, che reclamerebbero la vendetta immediata sui cattivi e sugli accusatori dell’Innocente: la sua giustizia si rivela perdonando e togliendo all’omicida anche il peso del proprio peccato. Il vinto che perdona il vincitore lo libera dalla sua aggressività mortale mostrandogli come l’amore vinca l’odio.

Dio regna dal legnodi vita e di trionfo.
In questa domenica di Passione, la Croce è al centro della contemplazione della comunità cristiana che in essa legge il progetto misterioso di Dio e adora la regalità di Cristo. Una regalità che rinuncia a schemi di potenza umana, che indica per quali Nel legno della croce le prime generazioni cristiane hanno saputo scorgere il segno della regalità di Cristo.
Gli evangelisti non hanno bisogno di attendere la risurrezione di Gesù per proclamare l’inizio del mondo nuovo. Già la croce è carica di novità, è l’inizio di un nuovo ordine di cose. Anche se tutto è apparentemente finito e le forze del male sembrano avere prevalso su Gesù, i segni che ne accompagnano la morte (cf Mc 15,37-39; Mt 27,51) lasciano filtrare la novità: il velo del tempio si squarcia indicando che l’antico tempio con i suoi ordinamenti e le sue attese è finito. Il Tempio nuovo è il corpo di Cristo che Dio ricostruirà con la risurrezione; e il primo ad entrare in questo Tempio sarà un pagano, il centurione, per la sua professione di fede (Mc 15,38; Mt 27,54). Nell’annientamento del Figlio di Dio nasce una nuova umanità. Il mistero della morte diventa mistero strade umanamente illogiche passi la
«gloria», che diventa misura di confronto e di verifica net servizio dei fratelli

mercoledì 13 aprile 2011

Venerdì di Passione,memoria liturgica della Beata Vergine Desolata

Tutta la vita di Maria, la Madre del Signore, può essere racchiusa in un <<sì>>  incondizionato e gratuito a Dio e alla sua volontà. Due brani evangelici ci aiutano a penetrare in maniera profonda  in questa dimensione mariana: l’annunciazione (Lc 1, 26-38) e il dialogo giovanneo tra Cristo e Maria a piedi della croce (Gv 19,27).
Al momento dell’Annunciazione dell’Angelo Maria, con il suo <<Eccomi!>>,  concepisce Gesù dando inizio alla “nuova era della storia, che sarebbe stata poi sancita nella Pasqua come nuova ed eterna alleanza” (Benedetto XVI); e proprio nell’ora della Pasqua definitiva Maria ripete il suo <<Eccomi!>> accogliendo simbolicamente la Chiesa nelle Parole che suo figlio le rivolge dalla croce:<< Donne, ecco tuo figlio>>.
Cosi, se “nell'Annunciazione, Maria dona nel suo seno la natura umana al Figlio di Dio; ai piedi della Croce, in Giovanni, accoglie nel suo cuore l'umanità intera”, ricevendo quasi una “seconda annunciazione” (Giovanni Paolo II).
Da quel giorno ogni cristiano può sentirsi tra le braccia di Maria, cosi come prega il prefazio della Messa di Maria Vergine presso la Croce del Signore(I): << In lei – in Maria- si attua il mistero della Madre Sion, che in un unico abbraccio accoglie tutti gli uomini, riuniti in virtù del sangue di Cristo>>.
Per questo invochiamo Maria quale Madre della Chiesa e madre di ogni uomo, cosi come il Petrarca l’aveva invocata a conclusione del suo Canzoniere: <<Vergine, que' belli occhi /che vider tristi la spietata stampa / ne' dolci membri del tuo caro figlio, / volgi al mio dubio stato, / che sconsigliato a te vèn per consiglio>>.
Michele Carretta
Staff-Ufficio Liturgico Diocesano

lunedì 4 aprile 2011

Via Matris VII Dolore

                                        
             Maria affida il Corpo di Gesù al Sepolcro
Maria,aveva accompagnato maternamente il Suo figlio fino al sacrificio supremo sempre con la segreta speranza che qualcosa certamente avrebbe fermato quel tragico ed assurdo decorso degli eventi. Ora che tutto è compiuto,deve affidare al sepolcro il corpo del Suo Gesù dopo averlo amorosamente ripulito e composto nella sindone. E’il momento dell’eclissi della speranza.E’ il momento del distacco definitivo che prova ogni persona chiamata a vivere tale gesto di dolorosa e penosa compassione:abbandonare al sepolcro il proprio caro. Fino a quel momento,una segreta illusione sembra suggerire che la morte,come ogni esperienza umana,un fatto passeggero. Solo lì, inchiodati davanti al sepolcro,l’evento appare in tutta la sua cruda realtà:tutto è finito,solo le lacrime possono esprimere l’umana impotenza di fronte alla voracità spietata della morte. Ora Maria deve consegnare alle gelide pietre del sepolcro quel Figlio dono e mistero del Padre. Ora c’e solo da aspettare che passi la notte del buio e dello smarrimento ed inizia l’interminabile attesa del terzo giorno. Ancora,nella tempesta del dolore,Le balenano in mente e Le martellano il cuore la parole di Gesù:”in verità in verità vi dico: se il chicco di grano caduto in terra non muore,rimane solo,se invece muore produce molto frutto”(GV 12,24).Gesù è il chicco di grano che muore. Dal chicco di grano morto comincia la grande moltiplicazione del pane che dura fino alla fine del mondo:Egli è il pane di vita capace di sfamare in misura sovrabbondante l’umanità assetata di luce,speranza e felicità,e che ogni giorno,invece,assapora l’amarezza della malattia,della sofferenza innocente e della morte. Maria,Madre della speranza,sia la tua materna tenerezza accanto a tutte le mamme chiamate a condividere con Te il momento del definitivo distacco da un figlio,strappato al sogno della vita dalla violenza,dagli incidenti stradali,o da mali incurabili e versa nel loro cuore il germe consolatore della speranza che le aiuti,nel buio del momento presente,ad attendere,con sereno abbandono alla divina volontà,l’alba luminosa della Resurrezione e della gioia senza tramonto nella casa del Padre.


Meditazione di Mons. Antonio Tucci- Comm.O.E.S.S.G.

Via Matris VI Dolore

                                                       Gesù Deposto dalla Croce

Il vangelo di Giovanni annota che sotto la croce di Gesù  è presente la Madre,  altre due donne e l’anonimo “discepolo amato”. Sono questi i testimoni oculari degli ultimi attimi della vita del Signore. Soprattutto Maria raccoglie in eredità dal Figlio morente, la missione ad essere Madre del “discepolo amato”, cioè Madre della nuova comunità, che nasce proprio da quella sua morte.
Poi avviene tutto com’è normale che sia: Gesù muore. Gli eventi d’ora in poi si svolgono come da copione: quel cadavere non può dare spettacolo di sé proprio durante la Parasceve della Pasqua. Dalla vista dei pellegrini, che affollano Gerusalemme per la festa, deve essere tolto quanto prima l’obbrobrio di quella esecuzione.  Non resta  che staccarlo da quel legno maledetto e frettolosamente seppellirlo nel “giardino”, che si trova vicino al luogo dove era stato crocifisso, vicino a quel costone di roccia dal lugubre nome di “cranio”. A questo gesto estremo di compassione ci pensano altri due  discepoli di Gesù, Giuseppe D’Arimatea e Nicodemo.
Il vangelo si fa silenzioso nel descrivere questi passaggi, che avranno plausibilmente avuto un tono di estrema discrezione.
Anche ora c’è Maria che, come ultimo gesto di affetto materno, prima di deporre il suo Figlio, “come un chicco di grano” nel grembo della terra,  lo stringe a sé; lo raccoglie tutto intero nel suo grembo, così come lo aveva raccolto al momento della sua nascita; e  così come lo aveva cullato quando era ancora bambino per affidarlo al sogno, ora, ancora una volta lo culla prima di affidarlo al grembo della morte. Vengono in mente le icone, le immagini, le sculture di tanti artisti hanno tentato di fermare quest’attimo di indicibile dolore e di serena pietà della Vergine Madre. Pensiamo in modo particolare alla cosiddetta “Pietà di Michelangelo” conservata nella navata destra della Basilica di San Pietro a Roma: Maria sembra una donna imponente, ma ha il viso di una madre ancor giovane, chino lievemente sul corpo esanime di Gesù, con le braccia aperte verso di noi che la guardiamo, ad indicarci il “frutto del suo grembo”, che si è consumato per noi e per l’umanità intera. Da quel grembo ancora ce lo dona. Quel grembo che  raccoglie tutto intero il corpo del suo Figlio, adulto-bambino; quel  grembo che appare immenso, infinito, pare voler  raccogliere nella pietà e nell’amore tutti i “figli dell’uomo” uccisi per l’odio, per la violenza, per l’ingiustizia, per l’intolleranza, per la povertà, per il rifiuto e per qualsiasi abuso. Maria già in questo momento assume pienamente la missione che il Figlio prima di morire le ha affidato: “ Donna, ecco il tuo figlio!”. Ella è davvero la nostra madre che ancora partorisce l’ umanità nel dolore e nell’ amore.
Poi le mani di Maria, insieme a quelle delle altre donne, a quelle del “discepolo amato”, alle mani di Giuseppe di Arimatea e di Nicodemo, ungono con dolcezza quel corpo martoriato con gli oli aromatici:  “una mistura di mirra e di aloe di circa cento libbre”, una quantità davvero eccedente per quel esile corpo! Eppure in quella eccedenza, per Maria,  e per tutti noi, si nasconde una segreta “speranza”, quella che il “chicco di grano caduto in terra” possa far rinascere nuova vita. E allora  il dolore della Madre,  e il dolore dell’umanità,  si tramuterà in danza di gioia e di vittoria pasquale.

Meditazione di Don Sabino Lambo-Direttore Ufficio Liturgico Diocesano

Via Matris V Dolore

La Madre di Gesù ai piedi della Croce

Sul Calvario s'era fatto il silenzio quasi assoluto.
Ai piedi della Croce c'era anche la Madre. Eccola. In piedi. E' l'amore solo che la sorregge. Ogni conforto è assolutamente inutile. E' sola nel suo inenarrabile dolore. Eccola: è immobile: vera statua del dolore scolpita dalla mano di Dio. Ora Maria vive per Gesù e in Gesù. Nessuna creatura s'è mai avvicinata al divino come Lei, nessuna sa soffrire divinamente come Lei. Dolore sconcertante, più che umano, che passa tutte le misure. I suoi occhi ardenti contemplano la tremenda visione. Vede tutto. Vuol vedere tutto. Ne ha diritto: è Sua Madre. E' suo. Lo riconosce bene. Ne hanno fatto scempio, ma lo riconosce. Quale madre non riconoscerebbe il proprio figlio anche quando fosse sformato dalle percosse o sfigurato da un colpo inaspettato delle forze cieche?
E' suo e Le appartiene. Gli è sempre stata vicina nei tempi della sua fanciullezza e della sua adolescenza, come negli anni della virilità finché ha potuto…..
E' un miracolo se non cade a terra. Ma il  miracolo più grande è quello del suo amore che La sostiene, che La tiene lì in piedi finché Lui non sarà morto. Finché Lui vive, Lei non potrà morire!
Sì, Signore , voglio restare qui accanto a Te e alla Madre Tua. Questo grande dolore che Vi unisce sul Calvario è il mio dolore perché è tutto per me. Per me, gran Dio! 
   Meditazione di Eugenio Bernardi,  La passione di Gesù

sabato 2 aprile 2011

Via Matris IV Dolore

Gesù incontra Sua Madre
Gesù si è appena rialzato dalla sua prima caduta, quando incontra la
 sua Santissima Madre, al bordi della strada che stava percorrendo. Maria guarda Gesù con immenso amore, e Gesù guarda sua Madre; i loro occhi si incontrano, ciascuno dei due cuori versa nell'altro il proprio dolore. L'anima di Maria è sommersa in amarezza, nell'amarezza di Gesù.  Voi tutti che passate per la via. considerate e osservate se c'è un dolore simile al mio dolore! (Lam 1, 12). Ma nessuno se ne accorge, nessuno lo nota; soltanto Gesù. Si è compiuta la profezia di Simeone: Una spada ti trafiggerà l'anima (Lc 2, 35). Nella buia solitudine della Passione, la Madonna offre a suo Figlio un balsamo di tenerezza, di unione, di fedeltà; un “si” alla volontà divina. Dando la mano a Maria, anche tu e io vogliamo consolare Gesù. accettando sempre e in tutto la Volontà di suo Padre, di nostro Padre. Soltanto così gusteremo la dolcezza della Croce di Cristo, e la abbracceremo con la forza dell'Amore, portandola in trionfo per tutti i cammini della terra.
Meditazione di S. Josmaria Escrivà de Balaguer